Sunday 27 April 2014

Abbandonare Word: sogno o realtà?

Da almeno 25 anni il mio PC trabocca di files .doc, .xls e .ppt. Non è stata una vera e propria scelta: quando ho iniziato a lavorare Microsoft Office sembrava l'unica possibilità per fare tutto bene, all'interno di un sistema di lavoro razionale. A quel tempo, i miei colleghi biologi più anziani che lavoravano su PC scrivevano i loro lavori in WordStar, utilizzavano Lotus per la gestione dei dati e DB3 per i riferimenti bibliografici e non era affatto facile mettere a collaborare questi tre mondi separati. Office 3 fu un vero schock: ad esempio era finalmente possibile creare tabelle nel foglio elettronico, incollarle nell'elaboratore testi ed unirle al resto del lavoro!

Con il passare del tempo tuttavia, la mia frustrazione è andata crescendo. Infatti, ho iniziato ad accorgermi di come Excel e qualunque altro foglio elettronico confondessero la visualizzazione dei dati con la loro gestione, cosicché ero spesso indotto ad immettere i dati in un formato poco razionale per la loro analisi. D'altra parte, mi sono accorto di come Word e qualunque altro word processor confondessero la composizione del testo con la formattazione, il che era vero (all'ennesima potenza) anche per Power Point e qualunque altro programma per le presentazioni. Il risultato era che finivo per mischiare fasi di lavoro che avrebbero dovuto essere logicamente separate, con spreco di tempo, energie e, in ultima analisi, bassa qualità di lavoro.

Il massimo della frustrazione l'ho raggiunto qualche anno fa, quando ho tentato di aprire con WORD 2010 il file della mia tesi di dottorato, scritto nel 1993 con WORD 2.0. Allora è comparsa una minacciosa finestra di dialogo con qualcosa di simile a: “Questo file non è leggibile per motivi di sicurezza”. Anche se ho poi scoperto che il problema poteva essere aggirato con una semplice modifica del file di registro, per qualche istante sono rimasto senza fiato: “è mai possibile che non sono libero di leggere la mia tesi di dottorato, nel mio computer, con lo stesso programma di videoscrittura usato al tempo (magari in una versione precedente)?”. Chi come me tiene al suo lavoro, lo immagazzina in files di vario formato e lo riusa e rielabora di continuo, non può non essere preoccupato di bloccarlo dentro un formato che non è di pubblico dominio. Questo vale anche per chi, come me, usa molti ambienti di lavoro diversi: dal PC in ufficio al MacBook a casa, all' Ipad, all' Iphone. In questo caso la portabilità è essenziale!

Da allora ho scoperto il formato testo: portabile e immarcescibile, una sicurezza totale. E, col tempo, ho totalmente ripensato il mio flusso: i miei files ora sono quasi tutti in quel formato, magari con diverse estensioni (.r, .mmd, .tex …) a seconda dell'uso. Li raccolgo tutti su Dropbox, in modo che siano disponibili su tutti i miei dispositivi, purchè online e compongo tutti i miei lavori (appunti, relazioni, lavori scientifici) utilizzando un semplice editor di testi (prediligo EditPad, ma uso anche TexStudio o RStudio, per alcune applicazioni). Se debbo inserire della formattazione o altri elementi non testuali (link, immagini ed altro), utilizzo Markdown, un semplice (si impara in un pomeriggio) linguaggio di mark-up che descrive la struttura del documento e lo stile (cosa dovrà costituire il titolo del capitolo o del paragrafo, cosa dovrà essere formattato come elenco puntato o numerato, cosa dovrà andare in grassetto o corsivo). A seconda del formato richiesto per l'output, utilizzo Pandoc per tradurre il file di testo originale da Markdown a PDF (per la stampa) o ad HTML (per il web).

Per l'analisi dei dati, salvo tutti i miei datasets in formato .csv (comma delineated) e li elaboro con R e RStudio, conservando i relativi scripts come files di testo con estensione .r, in modo da essere in grado di ripetere le analisi quando voglio.

Da tempo, le mie presentazioni sono in formato PDF, preparate con Latex e Beamer. Non ho mai problemi di caratteri non disponibili, scritte che non entrano nello schermo, files illeggibili, dovunque vada a fare le mie lezioni e qualunque strumento di presentazione io abbia a disposizione.

La mia collezione di riferimenti bibliografici è anche essa salvata in formato testo e redatta secondo le specifiche di bibtex; sono in grado di citarla facilmente in modo automatizzato (cite while you write).

Infine, quasi tutti i programmi sopra descritti sono di pubblico dominio, spesso freeware e sempre multipiattaforma. Cosa cercare di meglio? Di recente ho letto un post analogo, ma più legato al mondo APPLE che al PC. Potete leggerlo qui e vi consiglio proprio di farlo, anche perché vi sono utili links a siti che trattano Markdown, Latex e Rstudio.

Sono riuscito ad eradicare Office e Word dalla mia vita professionale? Assolutamente no!

Il motivo è che, come dicevo, sono un biologo e, nel mio mondo, tutti, o la maggior parte dei miei colleghi compongono i loro testi in Word, salvano i loro dati in Excel e preparano le loro presentazioni in Power Point. Oppure tengono la loro bibliografia in End Note o altri strumenti simili. E condividono i files risultanti, aspettandosi di ricevere in cambio lo stesso tipo di file. Anche le case editrici spesso chiedono il formato Word per la pubblicazione dei lavori e quindi, alla fine, sono costretto ad investire parte del mio tempo per trasformare i miei files di testo in una versione più 'compatibile' con il 'resto del mondo'. Certo è che, quando il lavoro è collaborativo, utilizzare i miei strumenti preferiti diviene quasi impossibile.

Mi ha colpito (positivamente) un post che raccomanda di non utilizzare il formato .doc (o .docx) per gli attachment di post elettronica. Si può leggere qui. Riusciremo anche noi biologi ad avere un futuro non dico libero da Office (sarebbe esagerato), ma almeno nel quale sia possibile che ognuno, oltre ai suoi strumenti preferiti, sia in grado di operare con una pluralità di strumenti diversi e quindi di interagire anche con chi, per sua scelta, non usi altro che software libero? Forse la mia generazione non ce la farà, ma spero che una scuola e un'Università più responsabili educhino le future generazioni ad un uso più razionale del proprio tempo di computing.

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